Massimo Coco
Massimo Coco, violinista e violista, ha compiuto gli studi musicali al Conservatorio “N. Paganini” di Genova sotto la guida di Renato De Barbieri, con il quale si è successivamente perfezionato all'International Sommerakademie del Mozarteum di Salisburgo; ha inoltre partecipato alle masterclass di Devy Erlih all'Ecole Superieure de Musique di Parigi e di Lewis Kaplan alla Juillard School di New York. Svolge un'intensa attività concertistica come solista con orchestra, in duo con pianoforte e in gruppi da camera, ospite di festival, rassegne e importanti associazioni concertistiche nelle maggiori città italiane e all'estero. Al concertismo alterna il ruolo di violino di spalla presso importanti istituzioni orchestrali, come l'Orchestra Sinfonica dell'Emilia Romagna “Arturo Toscanini”, l'Orchestra Filarmonica Italiana, il “Carlo Felice Ensemble”, il “Petite Ensemble Instrumental”, l'Orchestra da Camera del Friuli Venezia Giulia, il Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, i Pomeriggi Musicali di Milano, la Filarmonica Giovanile e la Piccola Philarmonia di Genova, l?orchestra Sinfonica della RAI di Milano, l'Arena di Verona, l'Orchestra da Camera Genovese ecc. Titolare della cattedra di violino presso il Conservatorio statale di musica “N. Paganini” di Genova, dal 2000 collabora come assistente nella masterclass di Lewis Kaplan al Mozarteum di Salisburgo. Suona su un “Carlo Annibale Tononi” dei primissimi anni del '700.L’assassinio di mio padre e le altre ferite mai chiuse.L’8 giugno 1976, a Genova, il procuratore generale Francesco Coco venne falciato insieme con Antioco Deiana e Giovanni Saponara, i due uomini della scorta, dal piombo delle Brigate Rosse. Suo figlio Massimo, allora, era un ragazzo di appena quindici anni. Oggi è un uomo maturo, padre a sua volta di un bambino con il nome del nonno mai conosciuto, violinista e docente al Conservatorio Niccolò Paganini del capoluogo ligure, che ancora si porta dentro quella perdita – e come potrebbe essere altrimenti? - , autore di Ricordare stanca, edito da Sperling & Kupfer nel 2012.Questo libro di dolore racconta la sofferenza di un uomo non rassegnato, vittima ma non vinto. Già, perché le pagine di Massimo Coco grondano rabbia e rancore nei confronti di chi ha distrutto la sua adolescenza: l’autore non "spinge la notte più in là", né intende dialogare con chi ha seminato lutti né provare a capire le ragioni dei carnefici, i quali, a distanza di anni, non sono mai stati identificati. Nessuno spazio per il perdono, come, per esempio, ha avuto la forza di accordare la famiglia di Vittorio Bachelet, ucciso nel 1980 da un commando brigatista sulle scalinate dell’università La Sapienza di Roma. Ricordare stanca è polemica aperta, chiara e netta sull’ipocrita strumentalizzazione mediatica di ricordare le vittime del terrorismo attraverso commemorazioni e riti stantii, cerimonie paludate e formali allestite da quelle istituzioni politiche spesso dimentiche di coloro che hanno avuto la disgrazia di perdere i propri cari in nome della legalità. Massimo Coco, al contrario di altri nella la sua stessa condizione, grida ad alta voce, senza diplomazia, tutta la propria indignazione nel constatare l’eccessiva visibilità mediatica concessa ad alcuni ex terroristi, in qualche caso anche importanti incarichi pubblici. Il figlio del magistrato non ci sta a uniformarsi al coro buonista delle riconciliazioni, del perdonismo, del chiudere una volta per tutte con quel passato di morte. Insomma, l’autore scrive - davvero con pregevole e raffinato stile - la propria storia drammatica, punteggiata di alcuni passaggi strazianti, screziata anche da amare note di sarcasmo. Tuttavia, niente toni pietistici, lacrimosi, compassionevoli, soltanto ricordi, aneddoti, stati d’animo di chi ha avuto per genitore un uomo di legge rigoroso nel combattere l’eversione: gli anni dell’infanzia, della scuola, dei trasferimenti della famiglia da una regione all’altra per motivi di servizio; la passione per lo studio del violino, sempre incoraggiata e sostenuta dal padre; la vita giornaliera dei Coco accompagnati ovunque dagli uomini della scorta; il momento della tragedia, lo shock, lo sgomento, la pena, il funerale; l’elaborazione del lutto con l’impossibilità di rimuovere quel trauma. Autentica testimonianza di tormento interiore, di lacerante struggimento per una vicenda umana davanti a cui ogni giudizio rischia di apparire inopportuno.
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