A coffa cu du funna.Molto tempo fa c’era una famiglia che da generazioni faceva il mestiere di mugnaio di cui “Mastru Brasi” fu l’ultimo di questa famiglia ad esercitare tale importante attività. Infatti, “questo mestiere era importante perché assumeva in se un ruolo di esattore della tassa sul macinato, imposta che il mugnaio doveva pagare al fisco in ragione dei giri che faceva la macina che dipendeva anche a seconda del tipo di prodotto e di mulino.All'interno di ogni mulino veniva applicato un contatore meccanico che conteggiava i giri effettuati dalla ruota macinatrice. La tassa era così dovuta in proporzione al numero di questi giri, che, secondo i legislatori, dovevano corrispondere alla quantità di cereale macinata.Ogni mugnaio era, quindi, tenuto a versare la tassa all'erario, sia con riferimento alla lettura del contatore, che, in mancanza di questo, sulla base della macinazione presunta. Per via di questo meccanismo fiscale il mugnaio stesso rivestiva, suo malgrado, il ruolo di esattore, essendo tenuto a richiedere ad ogni avventore del mulino la corresponsione della tassa calcolata in proporzione al peso del cereale che veniva portato alla macinazione. Nascevano sempre disaccordi tra fisco, mugnai, clienti perché ognuno si riteneva danneggiato, derubato e ingannato. A seguito dell'introduzione della tassa (1868) scoppiarono in tutta Italia violente rivolte, che furono represse duramente, a volte nel sangue. In Sicilia , però, la tassa sul macinato anche se non ben digerita non causò accesi fermenti perché era in fondo poca cosa rispetto a cui si ribellavano le altre regioni poco abituate agli ingiusti balzelli. Infatti, dal 1869, quando entro in vigore, una reazione, era improbabile che si verificasse in Sicilia, dove il popolo siciliano era ormai abituato a più gravi e quotidiani soprusi. La misura della tassa variava a seconda del tipo di cereale, ed era commisurata a ogni quintale di macinato”.In casa del vecchio mugnaio “ Mastru Brasi “ succedevano cose strane, tanto da rimanere tutti sbalorditi. La povera moglie “ a Za Sarina” ogni mattina al risveglio trovava dietro la porta una coffa piena di denari.La prima volta tutta meravigliata andò subito a svegliare il marito:Brasi! Brasi! Susiti! C’è ‘na coffa china di sordi darré a porta! “ Mastro Brasi” ancora stordito dal sono aprì gli occhi e disse:Sarina… di prima matina ci atturri l’ova!?“ A zi Sarina”, strattonandolo, lo tirò dal letto e lo fece alzare.Curri! Va talìa! Mastro Brasi come un fantasma si mise a camminare lasciando l’alcova e, presto, anche perché la casa era piccola, scese la scala e arrivò dietro la porta già sbrancata di dentro e vide una coffa proprio dietro l’uscio. Si chinò e con grande stupore, infilando la mano dentro, si accorse che si trattava di monete. Ne prese un pugno e portandole allo sguardo, pieno di stupore, si accertò che si trattasse di monete vere.Minchia! Esclamò mastro Brasi senza tener conto che fosse presente la moglie, una donna, parola che alla sua presenza non aveva pronunziato mai.E cu ci la misi sta coffa? Si chiedeva e chiedeva alla moglie guardandola dritta agli occhi.La za Sarina non curante della parolaccia del marito rispose:Ti lu dicia iu! E chi nni sacciu? L’avissi a sapiri cchiossà tu ca iu! Mastro Brasi rispondeva:Zittuti! Silenziu! Nun parlari cu nuddu! Mittemu sta coffa supra l’armadiu e aspittamu chi succedi! Così fecero e in silenzio tentavano di darsi delle spiegazioni. Dopo colazione, mastro Brasi aprì la porta del mulino ed avviò la macina per iniziare il lavoro. La giornata sembrava non finire mai, ma, anche se tardi arrivò. La za Sarina lo aspettava e quando arrivò subito gli chiese:Novità!?Mastro Brasi rispose:Nudda novità! La zia Sarina chiese:E comu facemu? Il marito rispose:Comu ficiru l’antichi… ca si livaru li panzi e si misiru i viddrichi!!! E chi amu a fari? Nenti! La cena era pronta e, così, dopo aversi fatto il segno della croce, cenarono. Pasta fatta di casa: tagliarineddi cu la favata e finuccheddi sarvaggi. Appena la za Sarina accennava a parlare, subito il marito la fulminava con gli occhi facendo segno di stare zitta. Dopo avere riscaldato il letto, andarono a dormire, anche se la za Sarina non poteva chiudere occhio, perché aveva paura che qualcuno entrasse in casa, nonostante si fossero ben serrati dentro. Ma, poi il sonno sopravvenne e , così, si addormentò. Mastro Brasi già runfuliava da un pezzo. All’indomani la za Sarina si svegliò e, aprendo gli occhi, la prima cosa che fece fu quella di guardare sopra l’armadio e, sbalzando contemporaneamente dal letto, si accorse che la coffa non c’era più. Corse per vedere se la porta fosse stata aperta ma, con sorpresa, notò che la coffa era di nuovo dietro la porta. Subito andò dal marito e lo svegliò.Brasi! Brasi! Talìa chi successi?Mastru Brasi si alzò tutto intontito e fu condotto dietro la porta dove trovò la coffa adagiata dietro l’uscio. Infilò la mano e, emanando un sospiro di sollievo, toccò le monete, che questa volta erano ancora di più. Non arrivò a pronunziare Mi…che gli occhi di la Za Sarina lo bloccarono chiedendo:Chi fù? Mastru Brasi continuando fece cenno di stare in silenzio e non gridare: Ccà… ci sù cchù sordi di aieri matinu! Nun ci staiu capennu cchiù nenti! Mittemula a lu postu… Supra a l’armadiu… e… senza parlari cu nuddu…t’arraccumaannu!Insomma, questa storia andò per le lunghe e ogni mattina si ripeteva la stessa cosa, cosicché, cominciarono a dubitare di loro stessi.Brasi..ma non è chi si tu? Ca ci metti sti sordi? Chiedeva la moglie al marito che rispondeva:Ma quannu mai! Chi vai dicennu? Cchiuttostu non è chi tu nni sai quacchi cosa? Spissu viu…ca veni ccà lu camperi! Chissu bazzichìa spissu a lu mulinu! Chi voli? La la moglie rispondeva agitata:E… mi lu addumanni a mia? In casa c‘erano come si dice: “l’acqui agitati”, fino a quando una sera mentre cenavano mastro Brasi rivolgendosi alla moglie disse:Sarina…ca forsi ca è l’armicedda di me patri ca nni fa truvari sta coffa china? Alla domanda a za Sarina rispose:To patri!? A comu era tirchiu… a natri sta pinsannu iddu ora! Forsi è l’armuzza di me patri ca nni voli aiutari?! Mastru Brasi concluse:Cu è ‘gghè nun parlamu cu nuddu… chi sapemu si finiscinu sti tempi! E andarono avanti così fino a quando quei tempi finirono.Totò Mirabile
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